Diventare un bravo batterista è un’impresa davvero interessante. Ci sono così tanti aspetti che entrano in gioco, che cercare di separare ciò che è rilevante da cosa potrebbe essere una perdita di tempo può facilmente portare confusione e frustrazione. Una cosa che ho imparato nella mia esperienza nel music business, è che essere bravi a suonare è il punto di partenza.
Ovviamente dobbiamo avere una buona tecnica, stile, timing, feeling… sono tutti elementi scontati. Invece, ciò che dobbiamo essere soprattutto in grado di fare, è essere creativi, unici, originali. Non c’è dubbio che siamo tutti unici, in quanto individui, e quindi automaticamente musicisti irripetibili.
Ma, considerato quanto è fondamentale questa componente, e siccome stiamo parlando di fare arte e di comunicare emozioni, credo che l’unicità sia qualcosa da sondare con attenzione, così che possiamo darle forma coscientemente anziché lasciare che sia il caso a farlo al nostro posto, rischiando che la nostra originalità finisca per non essere poi così originale ;).
Ecco perché questo è un passo molto importante nella definizione della nostra identità artistica.
Innanzitutto, come al solito si tratta di consapevolezza. Che succede se non ci rendiamo conto che abbiamo lo stesso stile di tutti gli altri, lo stesso approccio, e anche lo stesso suono? Succede che sarà impossibile fare la differenza. La ragione per cui sottolineo questa conseguenza, non è che dobbiamo per forza emergere o farci notare nel senso di diventare ‘famosi’.
E’ desiderabile invece andare in quella direzione in quanto artisti unici, che hanno qualcosa da dire, e vogliono raggiungere più persone possibile. Perché questo è il senso della comunicazione, ed è questo lo scopo del fare arte.
Un aspetto cruciale della nostra unicità è il suono. Così come la voce di una persona è parte di ciò che ci fa immediatamente riconoscere quella persona, lo stesso vale per il nostro suono in quanto musicisti. Va da sé che, continuando con la stessa analogia, è quello che una persona ha da dire che rende il messaggio significativo.
Ma allo stesso tempo, anche il modo in cui lo diciamo ha il suo peso. E una parte di quel ‘come’ è precisamente il suono. Possiamo letteralmente innamorarci della voce di qualcuno. E’ proprio quello che puntiamo a ottenere, idealmente, col nostro suono sulla batteria.
Qui vorrei dare una manciata di idee su come usare tutte le variabili a nostra disposizione, e come combinarle per sviluppare una suono caratteristico, irresistibile e memorabile. Una volta che comprendiamo tutte le opzioni che abbiamo, non dobbiamo fare altro che dedicare del tempo ad approfondire queste possibilità e gradualmente dare forma a qualcosa che ci piace, con cui ci identifichiamo, e con cui ci sentiamo comodi. Le combinazioni sono infinite, quindi la parola chiave qui è sperimentazione!
Non esistono tamburi, piatti, bacchette, pelli o accordature perfette. Esiste solo ciò che funziona per te. E per scoprirlo ti servono due semplici ingredienti: usare le orecchie per stabilire che cosa preferisci, e poi sperimentare finché gradualmente arrivi a separare ciò che va bene da ciò non ti piace, assecondando i tuoi gusti.
Ecco alcune delle variabili da considerare, e da esplorare:
– Tamburi: metalli, legni, misure, spessori, profondità, cerchi, cordiere… esiste tanta di quella scelta. E anche solo modificare la tensione della cordiera del Rullante cambia il modo in cui suona l’intero kit… pazzesco. Dopo che hai imparato tutto il possibile su ognuno di questi elementi, puoi sperimentare una serie di soluzioni originali: hai mai provato a suonare Rimshots sui Tom? O a tenere il tempo sul fusto del Timpano? Un’idea sempre fresca e interessante è quella di mettere un qualche tipo di oggetto su uno o più tamburi, così che quando li suoniamo questo vibrando produce uno strato sonoro aggiuntivo. La versione opposta della stessa idea è quella di mettere delle coperte sul Rullante o anche su tutto il kit, in modo da farlo suonare come se fosse sott’acqua (che tu ci creda o no, c’è chi ha provato pure questo).
– Pelli: strato singolo, doppio, sabbiate, trasparenti, vintage. Semplicemente renditi conto che potresti sperimentare con ciascuna di queste su ogni tamburo, e creare anche solo così un’infinità di suoni. Potresti anche appoggiare una seconda pelle su quella accordata, per un suono immediatamente più ciccio e staccato.
– Accordatura: questa è una forma d’arte a sé, ed è un peccato che molti batteristi non abbiano chiaro come funzioni. Essere in grado di accordare è inoltre importante in situazioni professionali, nelle quali può capitare che ci venga richiesto di eliminare una fastidiosa risonanza o di ottenere un certo tono.
– Piatti: di recente i produttori di piatti si sono scatenati. Realizzano i pezzi di metallo più meravigliosi e dal suono più incredibile che potremmo mai desiderare. Per fortuna non è necessario essere ricchi e comprarne a decine per essere felici. Possiamo sovrapporli e creare degli stacks, ritagliarne di vecchi o rotti e ricavare delle campane o degli effetti speciali, possiamo appiccicargli del nastro e renderli più asciutti, possiamo trasformare un paio di grossi Crash in un gigantesco Charleston (oppure due Splash da 10” in un mini Hi-Hat), possiamo estrarre dieci nuovi suoni da un qualsiasi Ride colpendolo in modi diversi e con varie parti della bacchetta. Possiamo inoltre provare l’ormai nota ma sempre efficace idea di posizionare uno Splash sulla pelle e creare così suoni caratteristici.
– Setup: anche solo aggiungere un Timpano a sinistra del Rullante può totalmente rivoluzionare il tuo suono (e fraseggio). Inoltre, aggiungere effect cymbals qua e là può essere una incredibile fonte di ispirazione. Anche usare più di una Cassa o di un Rullante nello stesso kit è interessante. Si possono provare le cose più assurde: ad esempio, di recente ho visto un video di un batterista che aveva invertito Rullante e Cassa, mettendo il primo per terra e la seconda su uno stand… genio. Addirittura anni fa ho visto il grande Toss Panos suonare il leggio come se fosse parte della batteria, durante un concerto! L’effetto era spettacolare. Giusto per farti capire cosa è possibile, o impossibile ;). L’idea è che colpiamo superfici, che non sono altro che fonti sonore. Chi ha detto che queste fonti sonore devo per forza essere tamburi o piatti?
– Battenti: e poi, chi ha detto che suoniamo solo con le bacchette o con le spazzole? Certamente fa bene sperimentare con tutti i tipi di bacchetta, misure, marche e materiali, tipi di punta e così via, visto che suoniamo con le bacchette la maggior parte del tempo. Ma poi c’è così tanto da provare. Per cominciare, potremmo suonare a mani nude. Ci sono batteristi che lo fanno in maniera pazzesca. Poi dobbiamo ricordarci che esistono decine di battenti diversi, e ognuno di essi è un universo da esplorare. Un piccolo suggerimento: hai mai provato a suonare con uno Shaker in una mano, mentre con l’altra tieni il tempo usando una bacchetta? Hai mai provato a colpire il Crash con uno Shaker?
– Elettronica: argomento essenziale. Adoro le percussioni elettroniche. Compra anche un solo sample pad e puoi includere nella tua performance qualsiasi suono ti viene in mente. Notevole. Esistono poi i sintetizzatori di percussioni, che consentono di progettare suoni mai sentiti prima. Sono più un fan dei kit ibridi che di quelli completamente elettronici o del tutto acustici, ma anche questa è una scelta personale.
– Percussioni: parlando di kit ibridi, possiamo creare un qualsiasi mix di batteria e percussioni, a nostro piacimento, e anche dare forma alla nostra tecnica sulla base del kit particolare che abbiamo messo insieme. Possiamo spingerci fino a combinare tamburi moderni con Congas e Timbales, oppure semplicemente appoggiare uno Shaker di gusci sul timpano per ottenere quell’effetto e vibrazione extra (come spiegato prima).
– Grip: anche il modo in cui teniamo le bacchette determina il nostro suono. E’ un importante argomento che merita un articolo a parte. Qui prendiamo in considerazione solo questa idea: il suono è vibrazione. Niente vibrazione, niente suono. Per cui, in base a quanto stretto o rilassato è il nostro grip, e in base alla scelta di affondare la bacchetta nella pelle o di farla rimbalzare, il suono che produciamo cambia radicalmente.
Quindi, una volta che ci siamo divertiti un poco con queste possibilità, e siccome la musica è arte e creazione, possiamo iniziare a spingerci ai limiti di quello che già è stato fatto, e sperimentare per andare oltre, inventando cose che non esistono ancora.
Tuttavia, per evitare di perdersi nelle sperimentazioni, raccomando, dopo un primo periodo trascorso a familiarizzare con le soluzioni più tipiche, di iniziare a definire le tue preferenze, e la tua identità. E’ importante a un certo punto fare delle scelte e semplificare le cose. Ad esempio, l’elettronica ti interessa o no? Prenderesti in considerazione un kit ibrido oppure non è una direzione che ti va di esplorare? Oppure, quanto ti piace un timbro aperto, un’accordatura alta, un set di piatti asciuttissimi? Ti piace di più suonare musica ad alto o basso volume?
Dobbiamo tutti chiarire quale è il nostro scopo nel momento in cui ci mettiamo dietro i tamburi. Perché questo ci dà una direzione e ci aiuta a rendere ciò che abbiamo da dire più incisivo e maggiormente in grado di raggiungere l’ascoltatore.
Qualcuno potrebbe dire che queste domande andrebbero fatte prima di iniziare a sperimentare. Credo invece che, anche se porsele a posteriori rende il processo parecchio più lungo, questo è l’unico modo di scoprire e sviluppare un proprio concetto di suono.
Nello stesso modo in cui non possiamo sapere se ci piace un certo alimento a meno che non lo assaggiamo, così non possiamo essere sicuri che non ci piace una possibilità sonora a meno che prima non la testiamo. Solo allora la nostra scelta sarà consapevole, anziché basata su un preconcetto.
Ora libera la tua immaginazione, e progetta il tuo suono.
Risorse correlate:
‘Essential Styles – Expanding Your Versatility On The Drums’
‘Drums & Sounds’ – Altitude Drumming – Volume 12
‘Art & Musicianship’ – Altitude Drumming – Volume 10
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