Non importa quanto a lungo abbiamo lavorato sul nostro timing, dobbiamo fare i conti col fatto che non arriveremo mai all’assoluta perfezione di esecuzione.
Come sappiamo bene, se è da un po’ che studiamo musica, la perfezione è irraggiungibile, è un’illusione, e soprattutto è inutile. Perché la musica è comunicazione e quello che arriva all’ascoltatore, e che è importante, è l’autenticità, l’unicità, la personalità.
In altre parole, l’espressione di quello che siamo. Che paradossalmente è possibile solo con grande qualità di esecuzione ma sarebbe azzerata da una ipotetica perfezione.
In direzione di ottimizzare ulteriormente il nostro timing in questo articolo scopriamo quindi una serie di accorgimenti che possiamo includere nella nostra routine, sia nel suonare che nello studiare, per contribuire a renderlo ancora più solido e deciso, rinunciando alla perfezione ma puntando comunque all’eccellenza.
In aggiunta a qualsiasi studio di timing stiamo portando avanti, sarà di grande aiuto apprendere strategie mirate per ripulire eventuali spigolature e gestire in maniera ottimale le inevitabili imperfezioni, in modo da essere pronti quando emergeranno nelle nostre performance in studio e dal vivo.
La maggior parte di queste idee possono essere applicate sia senza metronomo che col metronomo, traendone in entrambi i casi grandi benefici.
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1– Sviluppiamo e affiniamo un nostro sistema di allarme. Possiamo pensare a questo meccanismo come a un sistema di allarme che si attiva quando ci discostiamo dal beat.
Più a lungo studiamo con un affidabile riferimento esterno (metronomo, loops o musicisti con ottimo timing), più questo sistema diventa sensibile e si aziona a ogni microscopica variazione.
A un certo punto sarà così consolidato che interverrà anche in assenza di riferimenti esterni. Sentiremo emergere in automatico una sensazione che ci avviserà che stiamo deviando leggermente, e correggeremo di conseguenza.
Questo prezioso meccanismo sarà fondamentale per fare i dovuti aggiustamenti, in maniera impercettibile, prima che l’allontanamento dal beat sia tale da non consentire un rientro lineare e indolore.
2– Facciamoci carico di dov’è il beat. Non possiamo pensare di inseguire perennemente il metronomo, e neanche di usarlo per sempre come un’eterna stampella di supporto al nostro timing.
La regola è che il metronomo va benissimo per studiare, oppure come strumento nei contesti musicali nei quali è richiesto, ma non deve diventare una dipendenza per il batterista.
E’ facile infatti arrivare a farci affidamento per talmente a lungo da non poterne più fare a meno. Il problema è che non possiamo permetterci di lasciar guidare il click, perché rischiamo di essere a tempo ma suonare malissimo, rigidi e insicuri. Sempre alla ricerca della conferma da parte del click, a ogni beat, che ci dice se andiamo bene e siamo giusti.
A un certo punto è fondamentale fare il salto di qualità e iniziare ad assumerci la responsabilità del tempo, fidandoci del nostro senso della pulsazione e ricorrendo eventualmente a delle micro correzioni, quando necessario. Ma sempre da una posizione dalla quale siamo noi che forniamo la pulsazione, e nel farlo manteniamo un nostro portamento.
Diamoci il permesso di guidare noi, e di essere dei veri leader: comodi, sicuri, rilassati, autorevoli. Dopotutto siamo il motore della band!
La chiave è questa: anche quando studiamo a click, lo percepiamo come un riferimento sul quale verifichiamo il tempo che noi stiamo generando, e non come il tempo corretto al quale dobbiamo uniformarci.
Distinzione sottile ma fondamentale.
3– Non molliamo mai. Anche se ci accorgiamo di non essere esattamente perfetti sul click, quando prendiamo una direzione dobbiamo mantenerla, e assumerci il rischio di rimanere lì dove siamo, con coerenza e decisione.
Poi eventualmente ci sediamo un pelo, o spingiamo un poco, per recuperare. Ma se sentiamo di essere appena disallineati dal metronomo, la frenata o l’accelerata brusca, nel tentativo di ritrovare istantaneamente il centro del beat, sono la ricetta perfetta per disintegrare il groove.
Usiamo invece la tecnica delle micro correzioni: pensiamo all’analogia di guidare una moto su un lungo rettilineo (suonare la batteria perfettamente a click).
Se teniamo il manubrio fisso (suoniamo un ritmo a click con una nostra sensazione di essere a tempo, in modo inflessibile), non importa quanto siamo precisi, prima o poi tenderemo a destra o a sinistra e finiremo fuori strada (fuori tempo).
Quello che ci garantirà di andare dritti (a tempo) saranno delle micro correzioni della nostra direzione, mediante piccoli aggiustamenti verso destra o sinistra (micro accelerazioni/rallentamenti), in base a dove stiamo tendendo a derivare (indietro/avanti).
Osservando la moto dall’alto (ascoltando da fuori la registrazione/esecuzione) avremo la percezione di una moto che va perfettamente dritta (sentiremo una batteria perfettamente a tempo).
Questa tecnica è molto efficace. E’ importante puntare al massimo livello di padronanza di questa idea. Manteniamo sempre la nostra compostezza, e il nostro equilibrio, non importa quanto sentiamo di essere fuori sincronia rispetto al click.
Il modo di rientrare mediante la tecnica delle micro correzioni non è tendersi nel tentativo di controllare ogni millisecondo, ma piuttosto rilassarsi, mantenendo il proprio bilanciamento e tiro. E respirare, lasciando che il rientro sia graduale e naturale.
Questa tecnica funziona in sinergia col meccanismo di allarme descritto sopra, e sarà attuabile in proporzione a quanto lo abbiamo sviluppato.
4– Deve sembrare perfetto anche se non lo è mai. Liberiamoci dall’idea della perfezione e puntiamo sulla consapevolezza che le micro correzioni ci fanno sembrare perfetti.
La componente che garantisce che tutto sembri perfetto, ossia che abbia feeling e che ci sia groove anche in caso di imperfezione, è la continuità.
Se c’è continuità (ossia se si riesce a rimanere lì e ad evitare correzioni brusche) allora la musica ne beneficerà anche in caso di leggera oscillazione.
E produrremo l’effetto della perfezione, nonostante la sua assenza.
5– Concentriamoci sul feeling, non sul tempo, e il nostro timing sarà automaticamente ottimo. Finché pensiamo al tempo continueremo inevitabilmente a tirare e mollare chiedendoci se siamo giusti o un po’ avanti o un po’ indietro.
Concentrandoci invece sul dare un gran feeling alla musica, focalizzandoci sul groove, ci alleggeriamo del compito di dovere andare perfettamente a tempo.
Usiamo con intelligenza il potere del cambiamento di messa a fuoco: deve esserci groove e deve esserci un buon feeling. Il tempo non rientra neanche più nei nostri pensieri.
Come sempre sarà molto utile registrare le nostre performance e riascoltarci per notare il modo in cui queste strategie influenzano il nostro timing e usare il feedback ottenuto per affinarle costantemente, in modo da ripulire ulteriormente le imperfezioni.
A proposito, come avrai notato queste strategie non si rivolgono esclusivamente a noi batteristi ma sono valide per qualsiasi musicista. Condividi pure questo articolo con tutti quelli con cui suoni o hai una band. Potresti rimanere sbalordito dai risultati 😉
Risorse correlate:
‘Click & Timing’ – Altitude Drumming – Volume 6
‘In Session – How To Sound Great On Records’
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