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   Come spiegato in dettaglio in ‘Come Sviluppare Musicalità – Studiare il Come del Suonare la Batteria usando i Parametri‘, non è ciò che eseguiamo a far suonare bene le cose, bensì il modo in cui le eseguiamo.

   E’ questo il motivo principale per cui siamo in grado di dire quando un batterista, un ritmo o una canzone hanno un groove pazzesco, ma non riusciamo a capire esattamente perché.

   In questa lezione facciamo chiarezza sull’argomento.

   Per riassumere brevemente, ilcomerisiede nel modo in cui suoniamo molteplici strati di variazioni che possono essere aggiunte ai semplici dati (il ‘cosa’) della nostra esecuzione.

   Mentre il cosa è, per esempio, un ritmo a sedicesimi, il ‘come’ riguarda elementi come le dinamiche, le orchestrazioni, la velocità, le pronunce dell’Hi-Hat, il posizionamento sul beat, i micro ritmi e persino i livelli di shuffle. Cose che sono spesso impossibili da scrivere utilizzando la notazione musicale standard (altro motivo per cui sono difficili da identificare).

   Mi piace chiamare questi elementi parametri, per via degli innumerevoli modi in cui possiamo metterli a punto e combinarli. Sono il come, e sono la base che rende possibili le infinite sottigliezze e le piccole variazioni che creano, definiscono e incapsulano il groove.

   È qui che le cose si fanno davvero interessanti: la creazione di combinazioni tra queste variabili genera vere e proprie ricette, in cui ogni parametro è un ingrediente, e che possono essere pensate come Formule del Groove.

   Se vogliamo capire il groove, oltre a dedicare tempo allo studio di ciascun parametro (cosa che si può fare consultando le lezioni dedicate), è importante iniziare a riconoscere queste formule e combinazioni, il modo in cui suonano e il modo in cui influenzano il feel e il groove nella musica che ascoltiamo.

   L’obiettivo è quello di utilizzare l’active listening per diventare consapevoli delle interazioni, delle variabili e delle sfumature, in modo da imparare a comprendere facilmente da dove scaturisce il groove, demistificarlo ed essere così in grado di applicare le conoscenze acquisite ai nostri beat e ritmi.

   Andiamo quindi ad analizzare 12 grandi esempi, in stili diversi. Saremo sbalorditi dai dettagli che emergono una volta che sappiamo che cosa cercare.

   Per scaricare una versione PDF gratuita di questo articolo, clicca qui:

  • Pamela (Toto) – Jeff Porcaro

Dinamica: F
Shuffle esattamente sulla terzina di sedicesimi.
Charleston suonato leggermente aperto e poco accentato.
Ostinato sul Charleston.
Rullante poco behind the beat.

   Notiamo il grande portamento di Jeff Porcaro, i rullanti sempre sicuri e indietro rispetto al resto del groove, il tiro rilassato ma potente.

  • Human Beings (Seal) – Earl Harvin

Dinamica: MF
Shuffle nel mezzo.
Charleston suonato leggermente aperto e poco accentato.
Tutto esattamente sul beat.

   Ecco un classico esempio di groove che va ascoltato per capire le sfumature e l’effetto della stratificazione dei vari parametri. Ascoltiamo come tutti i sedicesimi sono appena orientati verso lo shuffle, ma sicuramente non dritti. Il Charleston ha dei sedicesimi, probabilmente sovraincisi, che suonano delle ondate di accenti, molto musicali, in crescendo e decrescendo, non trascrivibili alla lettera, ma che possiamo provare a riprodurre.

  • You Got To Believe (Paulo Mendonca) – Anton Roos

Dinamica: FF
Sedicesimi con una leggerissima dose di shuffle.
Charleston suonato leggermente aperto e molto accentato.
Pronuncia sul Charleston con accento in levare.
Tutto molto behind the beat.

   Questo brano è un esempio perfetto dell’effetto travolgente sul feeling dato dal suonare indietro rispetto al beat. Anton Roos ha una grande comprensione di come usare questa tecnica, e il pezzo ne giova enormemente. La chitarra ritmica è già leggermente indietro, e la batteria si posiziona ancora più indietro. Si nota anche una leggerissima dose di shuffle nei fill, che asseconda il feeling della chitarra.

  • Belief (John Mayer) – Steve Jordan

Dinamica: F
Sedicesimi con una leggerissima dose di shuffle.
Charleston chiuso.
Rullante poco behind the beat.

   Questo pezzo è uno dei miei esempi preferiti per dimostrare invece il potere del suonare i sedicesimi con una leggerissima intenzione shuffle. Non sono neanche ‘nel mezzo’, ma ancora più larghi. Eppure questa sottile differenza cambia tutto. Steve Jordan è uno dei maestri in questa arte. Il groove trascritto è quello del ritornello.

  • Back In Black (AC/DC) – Phil Rudd

Dinamica: FF
Ottavi dritti.
Charleston suonato leggermente aperto e poco accentato.
Rullante molto behind the beat.

   Un ottimo esercizio è ascoltare il pezzo concentrandosi solo sul Rullante. Noteremo quanto è sempre indietro, sebbene non sempre della stessa quantità (è un brano registrato prima dell’era dell’editing…), e noteremo come i rullanti più indietro siano quelli che danno più peso al groove.

  • Break It Down Again (Tears For Fears) – Steve Ferrone

Dinamica: F
Sedicesimi dritti.
Charleston chiuso e poco accentato.
Ostinato sul Charleston.
Rullante poco behind the beat.

   Steve Ferrone è un altro di quei batteristi che tendono a suonare col Rullante leggermente indietro rispetto al beat. Qui abbiamo un groove piuttosto complesso, con anche un ostinato sul Charleston. La naturalezza con cui viene suonato e l’effetto trainante sul pezzo sono impressionanti.

  • Badman’s Song (Tears For Fears) – Manu Katchè

Dinamica: F
Sedicesimi dritti.
Charleston chiuso e poco accentato.
Tutto esattamente sul beat.

   Un’altro pezzo dei Tears For Fears, questa volta con Manu Katchè alla batteria. Ancora grande groove, in questo ritmo semplice, che possiamo sentire nella strofa dopo circa 1’30”, portato con sicurezza senza muoversi dal beat. Questo esempio è utile per notare che sui bpm lenti, anche ‘solo’ suonare esattamente sul beat genera un feel molto rilassato.

  • Ice Pick (Oz Noy) – Keith Carlock

Dinamica: F
Sedicesimi interpretati shuffle.
Charleston chiuso.
Abbellimenti sul Charleston in varie posizioni.
Tutto esattamente sul beat.

   Un altro grande maestro del groove, che in questo pezzo ci regala una stupenda dimostrazione di come usare l’interpretazione shuffle per rendere frizzante un accompagnamento. Ci sono alcuni momenti in cui viene utilizzato il posizionamento del Rullante leggermente indietro per dare ancora più peso al groove, come nei bridge a 1’40” e 4’. Keith Carlock usa generosamente abbellimenti, ostinati sul Charleston e ghost notes sul Rullante per rendere tutto molto denso e intenso.

  • Funky Drummer (James Brown) – Clyde Stubblefield

Dinamica: MF
Sedicesimi con una leggerissima dose di shuffle.
Charleston chiuso e poco accentato.
Rullante poco behind the beat.

   Un groove entrato nella storia, che a 50 anni dalla sua registrazione è ancora più fresco, moderno e potente che mai. Anche qui gran parte del tiro emerge dal portamento dei sedicesimi appena orientati verso lo shuffle. La misura trascritta si riferisce al famoso break a metà pezzo, ma per 9 minuti Clyde Stubblefield ci delizia con infinite varianti sull’idea di base.

  • Cissy Strut (The Meters) – Zigaboo Modeliste

Dinamica: MF
Sedicesimi interpretati con shuffle ‘nel mezzo’.
Charleston leggermente aperto.
Abbellimenti sul Charleston in varie posizioni.
Tutto poco behind the beat.

   Altro groove entrato nella storia della batteria. Ascoltiamo l’effetto rilassato ma allo stesso tempo trascinante del posizionamento leggermente indietro sul beat. Anche qui parte della magia viene dall’interpretazione ‘nel mezzo’ dei sedicesimi.

  • Fat Cat Song (Slum Village) – Sampled

Dinamica: MF
Sedicesimi interpretati con shuffle ‘stretto’.
Charleston chiuso e senza accenti.
Rullante poco behind the beat.

   Qui notiamo come un produttore con un grande orecchio orientato al groove possa infondere un grande feel anche a dei groove programmati. Questo infatti è un assaggio del rivoluzionario J Dilla, del quale parleremo in un prossimo articolo.

  • Protection (Massive Attack) – Programmed

Dinamica: F
Sedicesimi con una leggerissima dose di shuffle.
Charleston leggermente aperto.
Abbellimenti sul Charleston con accenti in varie posizioni.
Tutto esattamente sul beat.

   Concludiamo con questo groove programmato, tratto da questo capolavoro dei Massive Attack, in cui notiamo l’effetto potentissimo del dosare anche solo minimamente un poco di intenzione shuffle. L’effetto è amplificato da tutti gli abbellimenti suonati sul Charleston, con varianti di accenti molto musicali.

 

   E’ inevitabile notare che la formula più ricorrente, e che produce un groove profondissimo, è quella col Rullante leggermente indietro, come abbiamo sottolineato in varie occasioni. Di frequente con anche una dose di shuffle leggerissima, applicata di solito sui sedicesimi.

   Ovunque sia presente dello shuffle largo si crea un feeling avvolgente, caldo, rilassato ma trascinante allo stesso tempo, in presenza del quale è difficile stare fermi.

   Questo ci conferma con indizi preziosi in che direzione è più utile investire le nostre energie.

   Per sfruttare al meglio questa nuova comprensione, ecco un paio di suggerimenti:

  • Esercitiamoci su semplici groove e proviamo ad aggiungere parametri, lavorando prima su uno alla volta (come suonare avanti o indietro sul beat, suonare a diverse dinamiche e così via), poi su due alla volta e infine includendoli tutti in diverse varianti simultaneamente, come mostrato ad esempio su un ritmo di base nella lezione ‘12 Modi Avanzati di Suonare il Ritmo di Batteria più Semplice‘.
  • Esercitiamoci nell’active listening concentrandoci su questi elementi, ascoltando le nostre canzoni preferite e cercando di identificare e isolare ogni parametro, come visto negli esempi precedenti, per renderci conto del modo in cui influisce sul groove.

   È un percorso entusiasmante e il nostro modo di suonare la batteria ne trarrà enormi benefici.

 

   Risorse correlate:
‘Groove Mastery & Formulas’ – Altitude Drumming – Volume 8
‘In Session – How To Sound Great On Records’
‘Theory & Concepts’ – Altitude Drumming – Volume 1


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