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   Una cosa che mi affascina del fare musica è che praticamente tutto ciò che rende magica un’esecuzione non si può scrivere.

   Lo abbiamo già visto in maniera evidente parlando ad esempio di parametri come la possibilità di suonare diversi livelli di shuffle, o nella discussione sui Micro Rhythms.

   Le sfumature e le possibilità sono talmente sconfinate che la notazione musicale, pur essendo uno strumento utilissimo, mostra presto tutte le sue limitazioni e non ci consente di descrivere accuratamente come andrebbe suonata una certa cosa per darle un particolare significato e senso musicale.

   Proverò in questa lezione a servirmi di spiegazioni specifiche, abbinate alla notazione tradizionale, per aiutarci a comprendere i dettagli di alcune di queste sfumature, e capire come ottenerle e come studiarle.

   Un argomento nel quale è necessario usare questo approccio è infatti quello delle pronunce del piatto, ossia l’insieme delle sfumature che possiamo ricavare dal modo in cui suoniamo il Charleston o il Ride.

   Che suddivisione suoniamo, ma soprattutto quali note accentiamo, come le accentiamo e quanto teniamo aperto o chiuso il piatto Charleston – o come facciamo suonare il piatto Ride in base a dove lo colpiamo.

   In particolare, lavorando sul Charleston, e date diverse suddivisioni, figure e combinazioni di accenti, possiamo dosare due aspetti:

1- Il livello di apertura tra i due piatti: da completamente chiuso a completamente aperto. Qui ho pensato di proporre un lavoro su 4 livelli, per cercare di includere una buona gamma di varianti:

  • Completamente chiuso, indicato negli esercizi con la lettera A.
  • Leggermente aperto, indicato negli esercizi con la lettera B.
  • Molto aperto, indicato negli esercizi con la lettera C.
  • Completamente aperto, indicato negli esercizi con la lettera D.

2- Il dosaggio degli accenti, ovvero il divario di dinamica tra note accentate e note non accentate. Anche qui ho pensato a una differenziazione in 4 livelli nel seguente modo:

  • Quasi senza accento.
  • Poco accentato.
  • Molto accentato.
  • Completamente accentato.

   Ovviamente questi 4 livelli sono del tutto arbitrari e tutt’altro che esaustivi, ma rappresentano un buon punto di partenza per imparare a controllare questi delicati elementi.

   Da qui in avanti sta poi a ognuno di noi decidere quanto approfondire, in base alla propria sensibilità e necessità.

   Questi elementi, che sembrano dettagli infinitesimali, hanno una incredibile importanza nel caratterizzare il groove, e averne la padronanza contribuirà a renderci dei veri Groove Masters ;). Con abilità nell’arrangiare parti di batteria fuori dal comune.

   La musica ci sarà grata per essere in grado di dosare sapientemente, come in una ricetta squisita, gli ingredienti necessari a rendere emozionante ogni nota suonata da noi e dagli altri musicisti.

   La magia è nel come, nei dettagli, nell’apparentemente intangibile.

   Con gli esercizi che studieremo procediamo in due modi.

   Innanzitutto ci prepariamo sul Rullante, con la mano destra, studiando i movimenti che ci servono per portare poi un groove sul piatto.

   Uno dei segreti del suonare il piatto in maniera musicale è infatti quello di pensarlo come un tamburo, con la sensazione di palleggiare la bacchetta come se invece di suonare un piatto stessimo percuotendo un tamburo.

   Quasi nessuno affronta i movimenti che poi farà sul piatto preparandoli sul Rullante.

   Studiare in questo modo ci consentirà di sentirci sempre comodissimi sul piatto e con la mano allenata e pronta a eseguire qualsiasi bpm, qualsiasi suddivisione e qualsiasi variante.

   Le prime pagine sono tutte di esercizi dedicati a questo lavoro preparatorio, e raccomando di non saltarle, e anzi di approfondirle curando il suono del tamburo, la regolarità del movimento, e il controllo degli accenti e dei livelli di shuffle.

   Per chi volesse andare in profondità con questo importante lavoro, raccomando di dare un’occhiata agli studi contenuti in ‘Hands & Mechanics – Altitude Drumming – Volume 2’.

   Si tratta soprattutto di utilizzare una corretta meccanica del movimento, fluida, regolare, rilassata.

   Successivamente passiamo al piatto con una carrellata di tutte le combinazioni di pronuncia possibili nelle diverse suddivisioni: ottavi, sedicesimi, terzine e shuffle.

   Per ogni suddivisione troviamo le più comuni figure e posizioni di accento, ognuna delle quali andrà studiata coi 4 diversi dosaggi di apertura e di intensità dell’accento.

   Notiamo che per ogni soluzione di accento e figura, avremo 4 possibili livelli di apertura del Charleston: anche solo rimanendo nei confini delle soluzioni qui proposte, abbiamo in totale un centinaio di possibilità diverse!

   Partendo dallo studio di ogni variante, anche solo stando su un semplice beat con Cassa su 1 e 3 e Rullante su 2 e 4, otteniamo 112 ritmi su cui passare qualche ora per giungere ad averne il controllo.

   Ecco il booklet gratuito e stampabile con le trascrizioni di ritmi ed esercizi:

   E questo è il link al video su YouTube in cui suono gli esempi mostrati nel booklet. Puoi anche cliccare su ciascuna misura nel PDF per accedere alla relativa dimostrazione video.

   Alcuni batteristi da approfondire e tra i migliori a usare questi strumenti sono Steve Jordan, Vinnie Colaiuta e Jeff Porcaro.

   I risultati di questo percorso saranno incredibili. 

   Come dicevamo, tutte queste varianti possono ovviamente essere applicate al piatto Ride. L’approccio all’esecuzione degli accenti rimane lo stesso.

   Le aperture naturalmente non sono contemplate. Ma il dosaggio di chiuso/socchiuso/aperto può essere qui riproposto giocando con l’intensità dei colpi e il punto in cui viene suonato il Ride.

   Il Ride si presta a una vastissima sperimentazione sonora, e tra i due estremi ottenibili colpendolo con la punta della bacchetta a metà del raggio, oppure con la spalla della bacchetta sul fianco (come fosse un Crash), troviamo infinità di sfumature che possiamo divertirci a ricercare e utilizzare come alternativa a una certa quantità di apertura dei piatti del Charleston.

   Ovunque si presenti uno shuffle, rimaniamo inizialmente nello shuffle regolare basato sulle terzine di ottavi o sedicesimi, e concentriamoci sulla pronuncia del piatto.

   Solo successivamente proviamo a inserire anche le sfumature possibili con i diversi dosaggi dello shuffle.

   Non ho scritto per esteso le ritmiche complete per ogni pronuncia perché avrebbe richiesto pagine su pagine di ritmiche di base con descrizioni a parole di come e cosa suonare, e ben poca notazione musicale.

   Tuttavia è abbastanza facile, scelta una certa pronuncia, applicarla a una ritmica a piacere, in modo da lavorarci in maniera astratta, senza bisogno di leggerla.

   In ogni caso, a titolo dimostrativo, i video relativi a ogni esempio mostrano un ritmo completo al quale è applicata la pronuncia in questione, con gli accenti eseguiti di proposito sempre nella versione con il piatto chiuso, per consentire una maggiore riconoscibilità delle sfumature.

   Successivamente potremo applicare gli stessi concetti a ritmi gradualmente più complicati, a partire da quelli che troviamo in questa Groove Collection, per poi suonarne di nostri, sempre più complessi, e infine arrivare a improvvisare.

   Risorse correlate:
‘Groove Mastery & Formulas’ – Altitude Drumming – Volume 8
‘In Session – How To Sound Great On Records’
‘Interpretation & Arrangement’ – Altitude Drumming – Volume 9


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