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   Uno dei concetti fondamentali da comprendere quando si lavora in studio è che registrare significa essenzialmente catturare del suono.

   Questo processo di cattura passa attraverso una serie di strati, che vengono a costituire una catena.

   Prendiamo il paragone con una fotografia. Per ottenere una bella immagine ci serve che sia di qualità innanzitutto il paesaggio, e poi in successione anche la camera, l’obiettivo, la tecnica che usiamo, il posizionamento, il nostro occhio artistico, e così di seguito.

   Esattamente lo stesso vale per registrare la batteria.

   La cosa interessante è che la catena del suono influenza la qualità del risultato finale secondo due principi:

  • E’ l’anello più debole della catena a condizionare maggiormente la qualità complessiva.
  • Gli anelli iniziali hanno un peso molto superiore.

   Le implicazioni sono notevoli, perché diventa immediatamente chiaro come non si debba commettere la classica ingenuità di sottovalutare le fasi iniziali illudendosi di poter compensare eventuali difetti e carenze in fase di post-produzione, ovvero a registrazioni concluse.

   Qualsiasi fonico confermerà quanto sia cruciale catturare un bel suono alla fonte, anziché affidarsi al successivo processing.

   Le componenti che influenzano il suono che finirà nel disco sono cinque, ciascuna delle quali composta di ulteriori anelli. In ordine di priorità abbiamo:

  • Come suoniamo (impugnatura, tecnica, concetto musicale).
  • La strumentazione (hardware, piatti, tamburi, pelli, accordatura, battenti).
  • La stanza (dimensioni, forma, trattamento acustico).
  • L’ingegnere del suono (come sceglie, posiziona e usa microfoni, DAW, convertitori, preamplificatori, equalizzatori, compressori, effetti e plugin).
  • L’hardware dello studio (la qualità di tutti gli articoli citati).

   Notiamo che l’hardware, pur essendo la parte più dispendiosa, nonché quella che tutti presumiamo sia prioritaria, è in realtà in fondo alla lista.

   Non perché non sia importante, ma perché lo è parecchio meno delle altre.

   Com’è possibile? Con una rapida riflessione è facile capire che, se non siamo in grado di tirar fuori un bel suono dalla nostra strumentazione, non importa quanto è bella la batteria che usiamo.

   Se la batteria suona male, non importa quanto la stanza sia trattata acusticamente.

   Se la stanza ha un’acustica terribile, non importa quanto è bravo l’ingegnere del suono.

   E se l’ingegnere del suono non è preparato, non importa quanto l’hardware a disposizione dello studio sia di livello top.

   Il rovescio della medaglia, che per noi a dire il vero è un’ottima notizia, è che di conseguenza se anche lo studio, l’ingegnere, e la room non sono il massimo, finché noi suoniamo bene e la batteria è in ordine le tracce saranno comunque perlomeno di buona qualità. Controintuitivo ma vero.

   In questo e nell’articolo correlato ‘Come Creare il Tuo Home Studio‘ ci concentreremo sull’approfondire ciascun livello, iniziando qui dai primi due, visto che non solo sono i più determinanti, ma anche quelli di cui siamo direttamente responsabili e che in quanto batteristi ci riguardano da vicino, considerato che definiscono il nostro suono.

COME SUONIAMO:

   Partiamo da come suoniamo. Tipicamente la porzione più consistente del nostro piano di studio è dedicata al miglioramento tecnico e al perfezionamento della qualità delle nostre performance.

   Qui invece ci vogliamo concentrare sulla componente puramente sonora, perché come spiegato nella catena del suono è l’anello più importante: se non lo curiamo adesso, a questo livello, nessuno dei passaggi successivi potrà correggerlo, e tutti gli strati a venire ne saranno influenzati negativamente.

   Possiamo distinguere i seguenti elementi:

  • Concetto musicale. Come per qualsiasi risultato vogliamo ottenere, anche per produrre un suono dobbiamo prima essere in grado di immaginarlo, di concepirlo nella nostra testa, di avere un’idea di cosa ci piace e di che suono vogliamo sentire.
    Il concetto musicale del nostro suono è una sintesi di stile personale, senso estetico, influenze culturali e ascolti che abbiamo fatto.
  • Impugnatura. Non importa se teniamo le bacchette con impostazione tradizionale o matched.
    Quello che ci interessa dell’impugnatura è che sia morbida abbastanza da lasciare il suono libero di manifestarsi.
    L’idea fondamentale è che il suono è vibrazione, ma molti batteristi commettono un errore cruciale proprio in questo primo anello della catena, impugnando le bacchette in maniera troppo serrata, e quindi impedendo sia al legno che a pelli, tamburi e piatti di vibrare senza impedimenti e produrre così un suono pieno, presente e piacevole.
  • Tecnica. Parte della nostra tecnica ha lo scopo di tirare fuori suono da tamburi e piatti, come spiegato nel metodo ‘Drum Technique Booster‘.
    Oltre a lasciarli vibrare grazie a una impostazione corretta, dobbiamo anche farli suonare in maniera piena, sfruttando tutta la gamma di frequenze e risonanze che offrono.
    Il modo di farlo è usare la tecnica Moeller, buttando le bacchette, usando il peso delle braccia, entrando in tamburi e pelli con decisione, sfruttando la forza di gravità e ottenendo volume senza fare fatica.
    Non parliamo di velocità: ci sono batteristi che hanno tanta tecnica e licks ma un suono piccolo, che quando entrano in studio diventa un limite evidente.

 

LA STRUMENTAZIONE: TAMBURI, PIATTI, PELLI, BATTENTI E ACCORDATURE:

   Ora che ci è chiaro il processo che porta a generare un bel suono, possiamo passare alla seconda componente fondamentale della catena che permette di raggiungere questo risultato: la nostra strumentazione.

   Mantenendo il solito efficace approccio, anche qui siamo in grado di individuare una serie di livelli che si possono organizzare in base alla priorità:

  • Accordatura.
  • Pelli.
  • Piatti.
  • Tamburi.
  • Hardware.

   Vale il discorso fatto prima: se lo strumento è accordato male la qualità delle pelli diventa irrilevante, se le pelli sono di cattiva qualità non importa quanto è bella la batteria, e così di seguito.

   Un livello non incluso nella lista è costituito dai battenti, poiché non intervengono sulla qualità sonora intesa come purezza del suono, ma sulle caratteristiche timbriche.

   Sappiamo come anche solo la forma della punta della bacchetta condizioni fortemente il suono del piatto.

   I battenti sono l’interfaccia tra noi e lo strumento e, oltre alle diverse misure e tipologie di bacchette, soluzioni come spazzole, hot-rod e mallet hanno il potere di stravolgere il suono prodotto su un piano distinto.

   Prima di partire con l’accordatura, è opportuno fare un rapidissimo ripasso delle caratteristiche del suono, in modo da capire meglio le spiegazioni successive.

   Le proprietà del suono sono quattro: altezza, durata, intensità e timbro. L’intensità riguarda le dinamiche, ovvero il volume a cui suoniamo. La durata in questa sede non è rilevante.

   Quello che ci interessa sono altezza e timbro:

  • L’altezza è la frequenza fondamentale di una nota musicale, e si riferisce a quanto un suono è grave o acuto.
  • Il timbro permette di distinguere due suoni con uguale altezza, e si riferisce a colori e sfumature che li differenziano.

 

ACCORDATURA:

   L’accordatura è un argomento discusso in innumerevoli risorse che ogni batterista dovrebbe studiare approfonditamente, soprattutto facendo esperimenti e provando combinazioni fino a essere in grado di generare, riprodurre e gestire un suono controllandone ogni particolare.

   Ovviamente i tamburi devono essere accordati, ovvero produrre note senza risonanze fastidiose, e che rientrino nel range di frequenze che lo strumento specifico è in grado di generare.

   Le pelli vanno tirate in maniera uniforme e l’intervallo tra la nota della battente e della risonante va stabilito e raggiunto intenzionalmente.

   Ma poi dobbiamo essere capaci di riprodurre le stesse caratteristiche e performance in qualsiasi condizione.

   L’accordatura è una componente essenziale della nostra voce, e uno strumento accordato male è l’equivalente di avere una voce rotta, rauca, raffreddata, che diventa un filtro sulle nostre possibilità di espressione.

   Questa, che è la più evidente, può essere considerata la componente fisica dell’accordatura. Esiste però, come visto riguardo il suono, una parte concettuale, che si può distinguere in due elementi:

  • L’accordatura in grado di generare il suono che abbiamo in testa.
  • L’accordatura stilisticamente in linea con il genere musicale e con le richieste fatte da produttore e arrangiatore.

   Ricordiamo, infine, che come per molti altri aspetti dovremmo farci guidare dalle orecchie e non dalla correttezza tecnica.

   Un tamburo non è necessariamente accordato quando un dispositivo meccanico o elettronico ci conferma che è così, ma quando all’ascolto il suono prodotto è convincente.

 

PELLI:

   Passando alle pelli, è sufficiente notare una cosa: in graduatoria di importanza vengono prima dei tamburi.

   Per quanto i produttori di batterie, oggi concentrati sulle più evolute strategie di marketing per mantenere profittevole il settore, abbiano probabilmente una visione diversa, suona meglio una batteria mediocre con pelli top level che una batteria top level con pelli mediocri.

   La differenza è che un set di pelli di qualità costa forse un decimo di una batteria di alta gamma.

   Per questa ragione non risparmiamo mai sulle pelli, teniamole in buono stato, cambiamo spesso soprattutto quella del Rullante e accordiamole in continuazione.

   Sicuramente prima di iniziare una session, e poi ogni volta che montiamo la batteria dopo averla trasportata.

   Le pelli si distinguono essenzialmente in due categorie: strato singolo e strato doppio. Più le pelli sono spesse, più controllato e chiuso è il suono che producono. Più sono sottili, più il timbro è aperto e naturale.

   La sabbiatura, nata per consentire l’utilizzo delle spazzole, rappresenta anche un leggero aumento di spessore e peso, e quindi in questo senso una via di mezzo tra strato singolo e doppio.

 

PIATTI:

   Venendo ai piatti, questi si trovano prima dei tamburi in graduatoria per una dinamica simile a quella descritta riguardo le pelli.

   Molto meglio un kit con tamburi di livello medio e piatti stupendi che il contrario.

   La ragione innanzitutto è che i tamburi possono essere ottimizzati come visto un attimo fa con pelli e accordature perfette.

   Ma soprattutto i tamburi perdonano molto di più quando vengono registrati, e possono essere processati in maniera più decisa rispetto ai piatti, per i quali quando la fonte è di scarsa qualità diventa difficile aggiustare le cose in post-produzione.

 

TAMBURI:

   Tutto questo discorso non vuole minimizzare l’importanza dei tamburi, che, dopo che ci siamo presi cura di tutti i livelli precedenti, sono la sostanza del nostro suono e lo caratterizzano con le infinite possibilità concesse da materiali, legni, misure, profondità, spessori, cerchi, finiture e meccanismi di sospensione diversi.

   Anche qui è fondamentale sperimentare. Non per forza comprando diversi kit, ma almeno imparando a ottenere la maggior gamma possibile di sfumature dalla strumentazione che abbiamo a disposizione.

   In sostanza, evitiamo di spendere tre quarti del nostro budget per tamburi migliori, se questo significa sacrificare pelli e piatti.

   E’ il momento di riprendere in considerazione altezza e timbro. Piatti e tamburi più grandi producono suoni di un’altezza minore, ovvero più gravi, in quanto vibrano più lentamente.

   Più invece sono piccoli, più la nota che generano ha una frequenza alta, ovvero acuta.

   Mentre i piatti hanno una nota fissa determinata dal diametro, i tamburi permettono, per ogni misura, un range di possibili accordature, per cui uno stesso diametro può suonare più alto o basso in base a quanto tiriamo le pelli.

   Per quanto riguarda il timbro, esistono due direzioni, sia per tamburi che per piatti:

  • Per i tamburi la distinzione principale è tra più risonanza e meno risonanza.
  • Per i piatti, la scelta fondamentale è tra più brillanti o più scuri.

   Naturalmente è importante essere muniti di una selezione di piatti e tamburi che sia in grado di soddisfare non solo qualsiasi esigenza professionale, ma anche intuizioni creative che potrebbero dirigerci verso suoni inusuali, che la strumentazione a disposizione dovrebbe essere in grado di farci generare.

 

HARDWARE:

  Concludendo con l’hardware, questo deve fare solo due cose: deve essere stabile mentre suoniamo (ad esempio piatti e tamburi non devono spostarsi a causa di viti difettose), e non deve fare rumore (ad esempio lo sgabello non deve scricchiolare).

   Questo non significa che dovremmo risparmiare sul nostro hardware. Significa semplicemente che, soprattutto in studio, non importa che abbia un look accattivante, ma che sia funzionalmente efficace per ciò per cui è stato concepito.

 

   Una componente aggiuntiva sono i vari strumenti di muffling, come moongel, anelli, patch e sordine. Lo scopo di questi dispositivi è semplicemente quello di attutire e controllare il suono.

  Gli esempi con cui abbiamo tutti familiarità sono l’anello o i moongel sul Rullante, che permettono di contenerne la risonanza. Un’altra comune applicazione sono i patch a centro Cassa che si usano invece per controllare l’attacco del suono di questo tamburo.

   Si tratta di soluzioni addizionali che permettono di risolvere situazioni e manipolare il suono alla fonte, quando accordatura, pelli e tamburi da soli non riescono a darci quanto richiesto.

 

   In studio la scelta della direzione da prendere per accordatura, pelli, tamburi, piatti e battenti dipende da una serie di fattori:

  • Il genere musicale.
  • Le indicazioni e preferenze di produzione, autore, arrangiatore.
  • Il nostro stile, personalità, gusto, senso estetico, concetto musicale.
  • Il suono della room in cui registriamo.

   Ogni canzone va intesa come un’opera d’arte completa, con un suo significato e una sua estetica. Il nostro obiettivo nel compiere scelte relative al suono è quello di raggiungere un compromesso tra cosa ci viene chiesto, cosa piace a noi, cosa è coerente col genere musicale che stiamo suonando.

   Il tutto con margini di manovra più o meno ampi in base a quanto la situazione e il nostro istinto ci dicono che possiamo osare.

   Nello scegliere cosa utilizzare, possiamo tracciare una distinzione molto generica ma comunque utile a orientarci:

  • Suoni acuti, aperti e naturali sono adatti ai generi acustici (Jazz e affini): pelli a singolo strato, tamburi più piccoli, accordature più alte, piatti più squillanti e di dimensioni minori.
  • Suoni gravi e controllati sono adatti ai generi a dinamica più alta (Pop e affini): pelli doppio strato o attutite, tamburi più grandi, accordature più basse, piatti più scuri e di dimensioni maggiori.

   E’ solo un riferimento naturalmente: i piatti scuri suonano stupendamente anche nel Jazz, e viceversa.

 

   A conclusione di questa guida, e in direzione di ragionare sulla strumentazione di cui necessitiamo per creare il nostro Home Studio, identifichiamo le componenti di cui sarebbe opportuno dotarci.

   Idealmente un session drummer professionale dovrebbe disporre di:

  • Almeno due kit completi, uno con misure più grandi e tamburi adatti al Pop/Rock (per coprire poi anche Blues, Funk, Hi-Hop, Reggae), e uno con misure più piccole e tamburi adatti ai generi più acustici (Jazz, Latin).
  • Almeno un Rullante in metallo e uno in legno. Idealmente una selezione di rullanti con diversi diametri e profondità, e di vari materiali, ognuno con un suo timbro e con una sua applicabilità.
  • Almeno due set completi di piatti: uno più brillante e uno più scuro, per soddisfare ogni esigenza.
  • Meccaniche e hardware solidi e affidabili, nonché pedali che permettano di esprimere la nostra tecnica degli arti inferiori senza limitazioni.

   Tutto questo pone le basi per mettere insieme un soddisfacente Home Studio, cosa che, come accennato prima, approfondiremo in ‘Come Creare il Tuo Home Studio‘.

   Risorse correlate:
In Session – How To Sound Great On Records
Come Creare il Tuo Home Studio – SetUp Minimale ed Efficace
Scopri la Tua Voce – Consigli per Sviluppare il Tuo Suono sulla Batteria


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