Oggi ci dedichiamo all’esplorazione dello strumento più potente in assoluto quando si tratta di perfezionare il nostro drumming: registrarsi.
Non importa su cosa stiamo lavorando, se vogliamo monitorare gli effettivi miglioramenti compiuti i riferimenti dati dal registrare e riascoltare sono preziosissimi.
La prima regola per raggiungere un qualsiasi obiettivo è di avere un meccanismo di feedback che permetta non solo di sapere quando siamo arrivati a destinazione, ma soprattutto di fare gli aggiustamenti necessari se invece c’è ancora bisogno di correggere il tiro.
Questo, quando parliamo di musica e di batteria, è possibile solo se ci mettiamo in condizione di riascoltare quello che stiamo facendo e quindi verificare ‘dal di fuori’, oggettivamente, come suona in effetti la nostra esecuzione.
Una cosa che ho scoperto negli anni, suonando ma soprattutto insegnando, è che esiste un divario notevole tra come pensiamo di suonare e come suoniamo davvero.
E questo gap purtroppo è quasi sempre verso il basso. In altre parole, finché non ci riascoltiamo e quindi abbiamo modo di verificare dall’esterno come suona la nostra performance, la tendenza è quella di convincerci di suonare molto meglio di come in realtà sappiamo fare.
Il normale feedback dato dalle nostre sensazioni e da quello che ci viene detto da altri che ci hanno ascoltato, pur essendo utile, richiede un percorso molto più lungo per dare risultati significativi.
Registrarsi e riascoltarsi è la scorciatoia più potente per colmare questo divario, proprio perché possiamo fare continui, ripetuti e rapidi aggiustamenti basati sui riscontri inequivocabili che otteniamo ascoltandoci subito dopo aver suonato.
Più ci registriamo e riascoltiamo più la differenza tra performance percepita e performance reale diminuisce, grazie al rinforzo di una serie di riferimenti interni sempre più precisi.
Nel tempo questo feedback ci garantirà di essere in grado di sapere con sempre maggiore affidabilità, e già in tempo reale nel mezzo dell’esecuzione, se ciò che stiamo suonando è al livello qualitativo desiderato.
In pratica, quindi, staremo assottigliando quel divario, per cui come suoniamo veramente e come pensiamo di suonare, man mano che accumuliamo esperienza, finiranno per combaciare.
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Ora che sappiamo quanto è importante farlo, approfondiamo una serie di modalità per registrarci:
– Da soli: registriamoci mentre suoniamo liberamente, senza metronomo. Riascoltiamo e sentiamo quanto siamo fluidi e se ci sono evidenti oscillazioni sul tempo.
E’ fondamentale che ci riascoltiamo subito dopo aver suonato, in modo che possiamo ricordare facilmente, in un certo punto dove succede qualcosa di strano, come ci siamo sentiti mentre eseguivamo quel passaggio, e così iniziare a collegare specifiche sensazioni a determinati effetti sul tempo o sul portamento.
Magari all’arrivo di un fill tendiamo ad accelerare un poco, e impariamo a riconoscere in una tensione che proviamo ogni volta prima di suonarlo la causa dell’accelerazione.
Oppure in un tempo lento ci rilassiamo fin troppo e tendiamo a rallentare e dobbiamo quindi calibrare la giusta dose di energia per essere appoggiati quanto serve, ma mantenendo il tiro.
– Da soli che suoniamo col metronomo: qui vale lo stesso discorso, con la differenza che sul metronomo tutte le tendenze che abbiamo vengono inesorabilmente messe a nudo.
Se dopo una certa figura complessa dobbiamo recuperare perché siamo andati avanti sul tempo, è evidente che c’è del lavoro da fare. Proviamo a riascoltarci sia lasciando aperto il click che togliendolo dal mix, in modo da avere idea di come suonano all’esterno le varie correzioni.
Noteremo che se inseguiamo costantemente il click il risultato sarà inascoltabile, mentre se andiamo per la nostra strada, e in caso di piccole imperfezioni usiamo la tecnica delle micro correzioni, con rientri molto dolci e graduali, le oscillazioni non saranno quasi percepibili.
E soprattutto staremo pensando in modo tale da assumerci la responsabilità del tempo, perfetto o imperfetto che sia, anziché delegarla a uno strumento esterno.
– Mentre suoniamo su un disco: questa modalità poco usata è in realtà fondamentale. Stiamo andando alla grande se mentre suoniamo non sentiamo più il nostro Rullante ma quello del disco, e se ci sembra quasi di sparire sotto la batteria originale.
In questo caso siamo perfettamente dentro il pezzo. E’ necessario fare attenzione all’incastro con gli altri strumenti, soprattutto il basso, e sederci sul groove assieme a tutta la band, sentendoci come se stessimo suonando con loro.
Quando ci riascoltiamo curiamo in particolare che la fluidità e il tiro siano a posto, senza flam con la registrazione originale. Rimaniamo su un brano finché non ce lo sentiamo addosso, non abbiamo chiarezza di tutti i dettagli necessari per suonarlo bene, e non sentiamo che la nostra batteria registrata ha un groove irresistibile.
Mettendola in solo dovrebbe, così com’è, farci muovere ed essere totalmente coinvolgente.
– Alle prove: usiamo il nostro smartphone o meglio ancora un registratore portatile digitale con un buon microfono, come ad esempio uno Zoom.
Possiamo fare questo esperimento: registriamo un brano e poi riascoltiamolo con gli altri. In un attimo sarà evidente cosa c’è da mettere a posto, cosa funziona e cosa va aggiustato.
Il difficile in questo caso sarà solo avere la fortuna di suonare con persone mature, aperte alle critiche costruttive, pronte a riconoscere eventuali limiti e a mettersi in discussione per migliorare e contribuire al livello complessivo della band.
Tutte cose che naturalmente dobbiamo fare noi per primi. Con i riascolti di gruppo, in una prova di due ore si può fare letteralmente il lavoro di una settimana.
– Dal vivo: questa è una delle modalità più efficaci. Probabilmente quella prioritaria, tra tutte. Ci permette di notare immediatamente le imperfezioni e la situazione di ciascun elemento della band.
Ma soprattutto non esiste niente di più rivelatore riguardo come noi stiamo suonando e la condizione del nostro timing. Riascoltare un intero concerto a caldo, la sera stessa o il giorno dopo la performance, vale quanto innumerevoli ore di studio.
Con tutte le sensazioni ancora vivide avremo un’incredibile misura di come può succedere che ci sentiamo in un modo e in realtà suoniamo in un altro.
E’ ogni volta una grande lezione e, nel viaggio di ritorno dopo un live, non perdo occasione di riascoltare cosa ho combinato. Nel farlo capisco in un attimo cosa correggere, cosa dosare diversamente, dove spingere di più, dove ho esagerato, dove sembrava non funzionasse e invece era perfetto, e viceversa.
E’ utile anche far ascoltare le nostre performance a qualcuno di esterno, insegnante, collega, o anche semplice appassionato, che ci possa dare un punto di vista genuino, alternativo e competente.
– In studio di registrazione: in questo contesto è certo che ci stiamo riascoltando con attenzione. Quando si realizza un disco, metà del lavoro è registrare e l’altra metà è riascoltare, per poter scegliere, rifare, sperimentare, modificare, fino a ottenere la performance che finirà nel mix definitivo.
Nel registrare in studio, tutto ciò che abbiamo mai imparato, e tutto ciò che siamo in quel momento, viene incanalato nel take suonato. E’ una foto impeccabile di cosa e come siamo, batteristicamente, musicalmente, e anche umanamente.
Il modo più costruttivo di suonare in studio è di rilassarsi e bilanciare la messa a fuoco e componente razionale della performance con l’istinto e l’emozione della musica.
Quello che va già bene nel nostro modo di suonare e nel nostro timing, e ciò che invece è da mettere a posto, saranno identici indipendentemente da come suoneremo un particolare take.
Inutile affannarsi o fare i perfezionisti in studio. Concentriamoci semplicemente sull’imparare, sull’essere propositivi. E se notiamo di avere bisogno di migliorare qualcosa, facciamo un appunto mentale per le nostre future sessioni di studio.
Intanto puntiamo a dare il massimo, soprattutto nei primi take, che sono quelli più spontanei, intensi e rappresentativi. I ragionamenti e le conclusioni li trarremo a giochi fatti, facendo tesoro dell’esperienza e usandola per indicarci cosa migliorare del nostro Timing, Feeling, e Groove.
Tutte queste modalità sono molto valide per verificare il livello del nostro tempo e ovviamente anche tutti gli altri aspetti del nostro drumming.
Abbiamo parlato della registrazione riferendoci implicitamente a quella audio, ma possiamo estendere il valore di questo canale di feedback anche al livello visivo, facendo dei video in ciascuna delle modalità discusse.
Che postura abbiamo, quanto sono rilassati i nostri movimenti, cosa succede al nostro corpo quando suoniamo bene, o male? Rivederci può facilmente moltiplicare la qualità e quantità di informazioni a disposizione per l’analisi delle nostre performance.
Oggi la possibilità di registrare video è a portata di chiunque, quindi sperimentiamo anche con questo mezzo, e combiniamolo con quello audio.
Risorse correlate:
‘In Session – How To Sound Great On Records’
‘‘Click & Timing’ – Altitude Drumming – Volume 6’
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